I ragazzi di Buchenwald by Robert Waisman
autore:Robert Waisman [Waisman, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2021-12-09T12:00:00+00:00
Lâultima sera di Abe, Madame Minc fece preparare dai cuochi una cena polacca: pierogi ripieni di funghi e cavolo, e per dessert dei dolcetti al miele che, disse Abe con le lacrime agli occhi, erano identici a quelli di sua madre. I nostri connazionali che sapevano cantare e suonare qualche strumento si esibirono in canzoni popolari polacche. Ascoltavo perso nei miei pensieri, ricordando quando Jakow prendeva la fisarmonica o il violino â una volta prese perfino un flauto â e suonava brani di quello stesso repertorio. Prima che tutti si ritirassero per la notte, i ragazzi polacchi cantarono Bove, coÅ PolskÄ, «Dio salvi la Polonia».
Io e Abe non andammo a dormire. Restammo seduti in refettorio a bere tè e a parlare di Buchenwald.
«Te li ricordi i pacchi della Croce Rossa?» mi chiese a un certo punto.
Eccome se me li ricordavo.
La rete clandestina del campo aveva deciso che i pacchi della Croce Rossa destinati ai prigionieri politici andavano dirottati sui più piccoli. Quegli uomini adulti, ridotti alla fame, furono felici di rinunciare ai pacchi con la carne in scatola, le caramelle, i calzini caldi e i maglioni di lana troppo grandi sapendo che sarebbero andati a dei ragazzini, alcuni anche di soli sette anni. Quando io e Abe ricevemmo i nostri, lacerammo il cartone e ne sparpagliammo sul letto il contenuto, che includeva bende e paraorecchie, finché non trovammo ciò che ci interessava: cioccolata. Nessuno di noi due aveva più mangiato cioccolata o altri dolci dopo che la Germania aveva invaso la Polonia. Aprimmo con cura lâincarto dorato e disponemmo le barrette davanti a noi. Dopo averle rimirate per un poâ, le prendemmo in mano con cautela, certi che fosse un trucco e che sarebbero sparite. Iniziammo a leccarle come fossero gelati, perché avevamo paura di addentarle con le nostre gengive doloranti e con i denti dondolanti e cariati per la malnutrizione.
Non volevo che Abe partisse, ma sapevo che doveva.
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